Come aumentare proteina e caseina nel latte
di Mattia Fustini
Il contenuto di proteina e di caseina del latte sono i parametri principali per valutare la qualità, sia a fini tecnologici che nutrizionali. Dalla caseina dipende infatti gran parte del fenomeno della coagulazione del latte nella produzione del formaggio e la proteina è il principale componente nutritivo. Basti pensare che nella produzione del Parmigiano Reggiano un aumento di un grammo di caseina può portare ad un aumento di ben 3 grammi di formaggio stagionato.
La proteina comprende al suo interno la caseina, le sieroproteine (albumine, immunoglobuline e proteoso-peptoni) e le sostanze azotate non proteiche (urea). Come la proteina, anche la caseina viene misurata dalle strumentazioni di laboratorio e mediamente rappresenta il 77% del totale delle proteine (ad esempio per una proteina di 3,5% ci potremmo aspettare un valore di caseina di 2,7%). Proteina e caseina del latte sono quindi i parametri più importanti per il pagamento del premio qualità, ma anche i più difficilmente controllabili e modificabili rispetto agli altri.
Vi sono numerosi fattori che determinano la loro sintesi nel latte: la genetica degli animali, la razione che ricevono e le condizioni ambientali dove sono allevati. La genetica è sicuramente il fattore più importante, ma nonostante la complessità si possono individuare alcuni elementi su cui agire per influenzarne la sintesi.
Stadio di lattazione
In una normale curva di lattazione si riscontra un contenuto di proteina del latte superiore al 4% nella prima settimana dopo il parto (residuo delle caratteristiche del colostro), un calo successivo fino al picco di lattazione, seguito da una graduale crescita con l’aumentare dei giorni di lattazione. Bisogna fare una distinzione tra quantità di proteina/caseina prodotte dalla mammella (Kg di proteina/caseina totali giornalieri), e percentuali misurate nel latte. La percentuale è legata anche agli altri solidi presenti nel latte (grasso e lattosio) e alla quantità d’acqua. Con l’avanzare dei giorni di lattazione si verifica solitamente un aumento delle percentuali e un calo dei Kg totali di proteina/caseina. Questo dipende dal fatto che la sintesi di lattosio si riduce di più rispetto alla sintesi proteica. Il lattosio determina la quantità di latte prodotto, richiamando acqua in mammella e per questo si mantiene ad una concentrazione costante intorno al 5%.
Massimizzare l’ingestione
Una corretta ingestione, in particolare dopo il parto, migliora il bilancio energetico delle bovine, consentendogli di non perdere troppo peso (BCS ottimale 3 – 3.25) e permette di migliorare la proteina del latte di 0.2-0.3 punti. Come riferimento si considera una ingestione media di sostanza secca pari al 3.5-4% del peso corporeo: animali di 600 Kg dovrebbero mangiare 21-24 kg di secco (1 kg di fieno contiene mediamente 0.88 kg di sostanza secca e 0.12 di acqua). Ingestioni più basse possono limitare la sintesi proteica del latte. In estate il livello di proteina/caseina tende a diminuire significativamente, probabilmente per le condizioni metaboliche che si modificano in relazione allo stress da caldo e al diverso comportamento alimentare delle bovine. Tutte le pratiche che mitigano gli effetti negativi del caldo possono portare ad un miglioramento della quantità di proteina del latte, in particolare evitando il calo di ingestione che solitamente si registra in questo periodo.
Aminoacidi critici: lisina e metionina
Esiste un rapporto ottimale fra gli amminoacidi per incrementare le produzioni, la qualità latte e migliorare la salute animale. Metionina e Lisina sono i due aminoacidi considerati limitanti per la produzione di latte, per cui sono state determinate delle linee guida per il loro corretto bilanciamento. La lisina dovrebbe rappresentare il 15% della proteina metabolizzabile che arriva all’intestino (proteina metabolizzabile = proteina microbica + proteina della dieta non utilizzata nel rumine), la metionina il 5%. Il rapporto ottimale tra questi due aminoacidi è 3:1. Quando le diete presentano un rapporto ottimale fra Lisina e Metionina, incrementa l’efficienza di utilizzazione sia delle proteine metabolizzabili sia degli alimenti, migliorando le performance degli animali.
Foraggi di qualità
La nutrizione delle vacche da latte, oggi ha raggiunto un elevato livello di dettaglio, chiarendo molti dei processi biologici che determinano la sintesi e il livello della qualità del latte. L’animale utilizza gli amminoacidi assorbiti dall’intestino, derivati dalla dieta e dalla proteina batterica. Il fattore chiave che determina la quantità di proteina microbica sintetizzata è la quantità di azoto disponibile nel rumine, assieme alla frazione di carboidrati fermentescibili che fungono da fonte di energia per questa sintesi, in particolare l’amido e l’NDF (fibra neutro detersa) fermentescibile. La proteina microbica ha un altissimo valore, in quanto fornisce dal 50 all’80 % degli amminoacidi necessari: ottimizzarne la produzione aiuta quindi ad aumentare l’efficienza di utilizzazione dell’azoto, permettendo al contempo di tenere sotto controllo il costo della razione. E’ stato dimostrato che l’aggiunta di grassi nella dieta ha un impatto negativo sulla proteina del latte (calo di 0.3 punti percentuali mediamente). E’ fondamentale poter disporre di foraggi giovani, dotati di una quota elevata di fibra degradabile, che permettano di massimizzare le potenzialità ruminali nel produrre la proteina microbica e promuovono elevate ingestioni.
Dr. Mattia Fustini
Laureato in Medicina Veterinaria con lode e Dottorato in Scienze dell’Alimentazione e degli Alimenti presso l’Università di Bologna. Specializzato con lode in Sanità Animale, Allevamento e Produzioni Zootecniche presso l’Università di Camerino. Il Dott. Mattia Fustini è nato in Trentino, dove la famiglia ha un allevamento di bovine da latte. Nel 2007 ha lavorato presso la Penn State University, sotto la guida del prof. Jud Heinrichs, studiando il ruolo della fibra fisicamente efficace nelle razioni per bovine da latte. E’ stato responsabile dell’allevamento sperimentale dell’Università di Bologna dal 2008 al 2017. Le sue ricerche si sono incentrate sullo studio degli effetti della dimensione fisica delle particelle dei foraggi sulle risposte produttive, sul comportamento alimentare e sulle fermentazioni ruminali delle bovine da latte. Attualmente si occupa di razionamento e gestione per le aziende di bovine da latte.