Bovine: alimentazione e grasso del latte
di Mattia Fustini
Nella nostra dieta, il latte è un’importante fonte di calcio biodisponibile, di aminoacidi a catena ramificata, di acido linoleico coniugato e di proteine. Oltre al calcio, tra i minerali presenti nel latte vanno segnalati il fosforo, del quale il latte rappresenta una buona fonte, il potassio, il magnesio, lo zinco e il selenio. Il latte apporta anche vitamine idrosolubili del gruppo B (riboflavina e B12) e vitamine liposolubili in concentrazioni direttamente proporzionali al tenore lipidico.
L’alimentazione delle bovine è determinante nell’influenzare il tenore di grasso del latte. Le strategie nutrizionali che ottimizzano la funzionalità ruminale portano anche a massimizzare la produzione e la qualità del latte. Per leggere in modo critico la situazione è opportuno iniziare effettuando un’analisi individuale dei controlli funzionali, considerando i livelli di grasso e proteina in funzione dei giorni di lattazione e del livello produttivo. Inoltre vi sono fattori non strettamente legati all’alimentazione, come ad esempio la razza, il potenziale genetico e la temperatura ambientale.
Digeribilità della fibra
Dalla fermentazione della fibra nel rumine si producono acidi grassi volatili (AGV), principalmente acetato e butirrato, che sono alla base degli acidi grassi a corta catena presenti nel grasso del latte. Il più importante fattore per un elevato titolo di grasso del latte è la qualità del foraggio. Come parametro si considera la digeribilità della fibra, che indica la quota di foraggio che può essere degradata dai microrganismi ruminali. Si calcola sottraendo al valore di NDF (fibra totale), il valore di lignina moltiplicato per 2.4. Recentemente è disponibile una misura diretta di laboratorio che utilizza il liquido ruminale messo a fermentare per 10 giorni con il campione in situazioni controllate. Il risultato è espresso come fibra non degradabile a 240 ore (uNDF240 – u è acronimo inglese che sta per undigested). Con la stessa metodica si può valutare anche quanto sia veloce la degradazione della fibra, bloccando la misura a tempi specifici (generalmente 24 o 48 ore). Questo parametro è riportato usando le sigle NDFD-24 e NDFD-48 (D dopo NDF sta per degradabile). Il fattore principale che condiziona la digeribilità di un foraggio è la maturità della pianta: più è sfalciata giovane, più sarà digeribile.
Eccesso di grassi insaturi nella dieta
Il latte è composto anche da acidi grassi a lunga catena che derivano da quelli assunti con la razione, dalla parete dei microrganismi ruminali e dal grasso di deposito. Generalmente il rapporto tra corta e lunga catena è di 50:50. I microrganismi ruminali operano una trasformazione degli acidi grassi a lunga catena insaturi che sono presenti nella dieta, perché non interferiscano con la loro attività di degradazione dei carboidrati. Quando però questi acidi grassi sono in quantità eccessiva il rumine non è in grado di trasformarli e si possono formare dei composti (chiamati CLA) che agiscono sulla mammella riducendo la produzione di grasso del latte. Questa situazione è favorita dalla presenza di un basso pH nel rumine (rischio di acidosi ruminale), che rallenta l’attività microbica.
La dieta non dovrebbe mai superare il 5% di lipidi ed in particolare bisogna limitare le fonti di acidi grassi insaturi, presenti in quote diverse in molti alimenti, ed in particolare negli oli della soia integrale (solitamente estrusa o fioccata), del lino (estruso), del girasole integrale ma anche nel mais e suoi derivati (distillers).
La gestione della mangiatoia
La razione dovrebbe essere disponibile sempre a volontà e i residui (almeno il 4-6% del totale scaricato) devono essere raccolti giornalmente. Per assicurare un buon funzionamento del rumine è necessario avvicinare l’alimento in mangiatoia più volte nel corso della giornata. Bisogna evitare l’eccesso di amido (22-26% della razione) per non incorrere nel rischio di acidosi ruminale ed avere cura di somministrare foraggi privi di muffa e ben conservati.
Sono da evitare il più possibile i cambi di razione, cercando di mantenere costante l’apporto di nutrienti nel tempo. È consigliabile miscelare più foraggi perché nel caso si verifichi una variazione in un foraggio, questo non modifichi significativamente la composizione della dieta. Nel caso di dieta unifeed la trinciatura deve evitare la cernita da parte degli animali (foraggi trinciati finemente a 3-4 cm di lunghezza) e si deve cercare di ripetere la stessa lunghezza di giorno in giorno. Le bovine devono avere accesso costante ad acqua pulita e in abbeveratoi a vasca.
La condizione fisica delle bovine
Vacche grasse al parto (BCS >3.75) hanno più difficoltà a mantenere una buona ingestione di alimento nelle prime settimane di lattazione, andando incontro ad un bilancio energetico negativo che le porta ad un rapido dimagrimento. Oltre a produrre meno latte questi animali avranno un livello più basso di proteina e inizialmente un livello alto di grasso dovuto alla perdita di peso (indice di chetosi) che in poche settimane può raggiungere valori molto bassi (grasso del latte inferiore al 2,5-3%). Generalmente hanno un picco di lattazione ritardato rispetto ai valori ottimali di 50-60 giorni. In questo caso una particolare attenzione dovrà essere dedicata alla razione delle bovine in asciutta. Un basso BCS in lattazione è quindi un fattore di rischio per un basso grasso del latte.
Riassumendo
Il contenuto di grasso del latte è un parametro altamente influenzato dalla razione e dalle condizioni che si realizzano a livello ruminale, non solo legate al rischio di acidosi ma anche alla presenza dei grassi insaturi. Migliorare la qualità dei foraggi anticipando lo sfalcio e applicando le migliori tecniche di raccolta e conservazione sono elementi determinanti per poter raggiungere un elevato titolo di grasso del latte.
Dr. Mattia Fustini
Laureato in Medicina Veterinaria con lode e Dottorato in Scienze dell’Alimentazione e degli Alimenti presso l’Università di Bologna. Specializzato con lode in Sanità Animale, Allevamento e Produzioni Zootecniche presso l’Università di Camerino. Il Dott. Mattia Fustini è nato in Trentino, dove la famiglia ha un allevamento di bovine da latte. Nel 2007 ha lavorato presso la Penn State University, sotto la guida del prof. Jud Heinrichs, studiando il ruolo della fibra fisicamente efficace nelle razioni per bovine da latte. E’ stato responsabile dell’allevamento sperimentale dell’Università di Bologna dal 2008 al 2017. Le sue ricerche si sono incentrate sullo studio degli effetti della dimensione fisica delle particelle dei foraggi sulle risposte produttive, sul comportamento alimentare e sulle fermentazioni ruminali delle bovine da latte. Attualmente si occupa di razionamento e gestione per le aziende di bovine da latte.